Le unioni civili non saranno un matrimonio, ma esistono delle clausole di non discriminazione che rendono ridicoli regolamenti come quello proposto dal comune di Finale Emilia, che voleva negare tricolore e scambio delle fedi

civil-unions-1165925_960_720Di Rosario Coco – Era prevedibile che nelle prime settimane d’esordio le unioni civili trovassero qualche intoppo. Quello che è accaduto a Finale Emilia, Comune del Modenese, merita tuttavia delle attenzioni in più. Strappato a giugno dal sindaco leghista Sandro Palazzi a settant’anni di governo di sinistra, il comune ha vissuto un vero e proprio scandalo dopo che l’Ufficio di Stato civile ha pubblicato su internet il regolamento comunale per le unioni tra persone dello stesso sesso.

«Non è prevista una forma di celebrazione ma solo una dichiarazione; la dichiarazione non si riceve in una sala aperta al pubblico e l’ufficiale di stato civile non indossa la fascia tricolore; non è previsto lo scambio delle fedi».

Le reazioni non si sono fatte attendere: la deputata PD Giuditta Pini ha presentato un’interrogazione parlamentare ad Alfano mentre Il senatore del Pd Sergio Lo Giudice ha puntato il dito contro «la negazione dei diritti civili» contenuta in quei paletti, «un concentrato ridicolo di limiti e divieti in violazione della legge prima che del buonsenso

Il sindaco Palazzi ha giurato di non saperne nulla e si è giustificato dicendo che il documento è stato redatto dai funzionari di stato civile sulla base della indicazioni dei consulenti legali, i quali avrebbero colmato un “vuoto normativo” della legge Cirinnà in merito alle modalità di celebrazione delle unioni.

Dobbiamo purtroppo chiederci se il sindaco Palazzi e i suoi consulenti abbiano letto la legge.

Ciò che andrebbe infatti ricordato a tutti i sindaci e a tutte le amministrazioni che in queste settimane si fano venire il mal di pancia è che il comma 20 dell’art. 1 della legge 76/2016 fornisce già delle precise linee guida sulla celebrazione delle unioni:

“Al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si

riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”

Questo significa che i regolamenti sulla celebrazione del matrimonio civile si applicano anche alle unioni civili, per cui produrre regolamenti ad hoc diversi e discriminanti come quello di Finale Emilia è assolutamente impugnabile.

Lo dimostra l’immediato dietrofront del sindaco Palazzi, che in giornata ha dichiarato

«Farò togliere quel documento e da domani se qualcuno vuole unirsi civilmente, se lo vorrà avrà fascia tricolore e scambio delle fedi».

Insomma, se la legge Cirinnà non è certamente un matrimonio e apre nuovi scenari di rivendicazione da parte delle associazioni LGBTI, quelle misure formali in essa contenute possono essere utili in questa fase per arginare l’omofobia istituzionale di molti sindaci.

La battaglia per il matrimonio egualitario e per la legge contro l’omotransfobia dipenderà anche da quanto in ogni singolo comune d’Italia le unioni civili saranno percepite come qualcosa di semplicemente ordinario.

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Fonte: ANDDOS NEWS